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Mabella, Aprile 2016, Valeria Sylvia Ferron, Presidente categoria estetica Confartigianato Vicenza

E’ ora di cambiare?

Il mercato della bellezza e del benessere, detta nuove regole. E’ necessario pertanto ridefinire le modalità di accesso alla professione estetica, modificando programmi e percorsi professionali legati all’obbligo formativo.

Mabella-76-Accesso-alla-professione-estetica-22-300x296A volte basta poco per rendersi conto che è il mercato a fare la selezione, decretando chi è degno di essere riconosciuto un professionista del settore. E’ sempre il mercato poi che ci fa capire quali sono i bisogni di benessere, che come abbiamo detto più volte cambiano spesso e sono strettamente legati a tendenze stilistiche piuttosto che a mutamenti sociodemografici. Questi due aspetti mettono in luce ancora una volta l’importanza strategica della formazione: sia per coloro che intendono avviarsi alla professione di estetista, sia per coloro che già da anni operano nel settore. Perché per effetto della globalizzazione e del repentino cambiamento di stili e consumi e di stili di vita, siamo costrette ad aggiornarci in continuazione e ad offrire un ventaglio sempre diverso di prodotti, tecniche o trattamenti.

Ho detto che siamo “costrette”, ma personalmente non sono affatto convinta che sia una costrizione: è proprio grazie al continuo cambiamento che possiamo puntare a innovare e a proporre i nostri servizi a nuove tipologie di clientela.

Ma all’operatore estetico serve una preparazione efficace, funzionale, che purtroppo non è omogenea: tutti vorrebbero contare su una professionista del benessere talmente specializzata, con competenze spendibili in ogni parte d’Italia, per non dire a livello europeo. Purtroppo non è cosi: la formazione è una competenza in mano alle Regioni, cosicché i programmi formativi o i requisiti di accesso alla professione possono cambiare da un confine all’altro. Se prendiamo poi il caso di molte ragazze che decidono di trasferirsi all’estero per un’esperienza lavorativa, queste devono vedere prima riconosciuta la propria qualifica o abilitazione. E qui la casistica si complica : solitamente la preparazione conseguita da un’estetista in Italia è facilmente riconosciuta all’estero, al contrario un’operatrice straniera incontra molte difficoltà a veder equiparato il proprio titolo nel nostro territorio. Nel Regno Unito, infine, non esiste un obbligo formativo completo: la formazione in ambito estetico avviene a settori e la figura professionale simile a quella della nostra estetista è formata dalla somma di diverse specializzazioni.

Vale la pena a questo punto introdurre la questione dei requisiti di accesso alla professione estetica, che in Italia sono dettati dalla famosa Legge 1 / 1990 che resiste nonostante le continue pressioni del mercato. Dico questo perché una legge ” vecchia ” 26 anni, in un settore come il nostro in continua evoluzione, avrebbe bisogno di un bel restyling. Tentativi ne sono stati fatti a dire il vero, negli ultimi 10 anni ho potuto consultare diverse proposte di modifica della legge 1 / 90, che tuttavia sono miseramente naufragate in Parlamento o vittime del cambio di legislatura.

Quale dovrebbe essere l’obiettivo della nuova legge?

Senza dubbio quello di ridefinire le modalità di accesso alla professione, modificando inoltre programmi e percorsi professionali legati all’obbligo formativo: grazie anche alla mia esperienza di insegnante, posso testimoniare che una ragazza che consegue l’abilitazione di estetica all’età di 17 anni difficilmente è pronta ad aprire una propria attività, il percorso è ancora troppo breve e poco performante.calco-viso-perla-nera-300x225

C’è tuttavia la volontà a livello legislativo di ridefinire i profili di accesso alla professione, bypassando il ruolo delle Regioni che comunque svolgono il loro iter di rinnovamento nella definizione dei programmi formativi. Il disegno alla base di questo cambiamento potrebbe far si che determinate figure professionali, particolarmente richieste dal mercato, in virtù della loro specializzazione, possano esercitare l’attività di estetista limitatamente al proprio ambito di intervento. Stiamo parlando di figure quali ad esempio l’onicotecnica, il make up artist, il truccatore semipermanente, l’estetista oncologica: perché non garantire a queste figure un accesso alla professione parziale e diversa da quella dell’estetista professionale, per la quale sarebbe richiesto un percorso generale di ben 2.800 ore? Questo non significherebbe sminuire la loro preparazione, ma far loro svolgere esclusivamente la formazione richiesta per il percorso prescelto, salvaguardando comunque la possibilità di conseguire più specializzazioni ( come nel modello inglese) o di affrontare il percorso completo per chi desidera occuparsi di benessere ed estetica a 360 gradi.

Questi profili intermedi potrebbero più facilmente inserirsi nel mercato del lavoro, per esempio nelle Spa o centri benessere, scegliendo la propria formazione ideale e necessaria. E qui si chiude il cerchio: di fronte all’esponenziale sviluppo del settore benessere, è ancora una volta il mercato a fare presenti le esigenze e la preparazione professionale che deve essere seguita.

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